Chiara Moscardelli: torna in libreria il suo primo romanzo giallorosa
Mi fa un certo effetto vedere ripubblicato La vita non è un film (ma a volte ci somiglia).
Cominciai a scriverlo nel 2011, era appena uscito il mio primo romanzo Volevo essere una gatta morta, vivevo a Milano e non avevo ancora quarant’anni. Sulla carta, una gran figa. Eppure, io non mi sentivo così. Per niente. Mi spiego meglio.
Da bambina mi nutrivo di pane, nutella e Cenerentola. Da adolescente, di pane, nutella e Cuore e batticuore. Da adulta, di pane, nutella e Mai dire sì (con una spolverata di Elisa di Rivombrosa).
Il risultato lo potete leggere qui, nella storia della protagonista del romanzo, quella di una zitella in sovrappeso convinta dell’esistenza di due cose: il principe azzurro e il fatto che insieme a quel principe la sua vita sarebbe stata una continua avventura.
La me di allora, consapevole di non potersi reincarnare in una serva nella Torino del Settecento, sognava di essere almeno Jennifer Hart di Cuore e batticuore, la rossa e spavalda giornalista che tra un delitto e l’altro fa capitolare il multimiliardario Jonathan Hart, o Laura Holt, la bella investigatrice privata di Mai dire sì che si imbatte nel misterioso Remington Steele, maschio alfa con un’innata propensione alla truffa. Insomma, ero certa che un giorno sarei diventata proprio come una di loro: bella, affascinante, ricca e seducente. Impresa, però, che senza l’aiuto di un chirurgo plastico risultava ardua da raggiungere.
Compresi presto che la vita avventurosa che sognavo era morta e sepolta insieme al famigerato principe. Da lì la mia infelicità. Mi sentivo brutta, insicura, goffa, grassa. E fu proprio con questo allegro stato d’animo che cominciai a scrivere La vita non è un film (ma a volte ci somiglia). Se nella realtà Chiara Moscardelli non poteva essere chi desiderava essere, lo sarebbe stata nella fantasia. La zitella quarantenne lì il principe lo avrebbe trovato. E anche l’avventura. Chiara sarebbe diventata, sulla carta, Laura Holt e Cenerentola insieme. La mia nemesi.
Inseguita da un serial killer incontrato inconsapevolmente a uno speed date (lo speed date è assolutamente autobiografico, il serial killer purtroppo no) incontra il tenebroso commissario Patrik Garano che è un perfetto incrocio tra Remington Steele e il Conte Ristori. Insieme, esattamente come Laura e Remington, risolveranno un caso molto complicato e, ça va sans dire, si innamoreranno.
Mi fa un certo effetto, dicevo, rileggere queste pagine perché è un po’ come tornare indietro nel tempo, a una Chiara che oggi per certi versi non c’è più. È cresciuta, forse, e si è incarnata in altri personaggi femminili meno fragili, più consapevoli. Teresa Papavero, fra tutte, che non ha bisogno di un uomo per sentirsi felice o completa e che non ha timore di lanciarsi in nuove avventure. Ecco perché mi commuove rileggere La vita non è un film, che finalmente torna in libreria dopo tanto tempo, e avrei voglia di abbracciare quella Chiara e rassicurarla.
Vorrei dirle che è bella così come è, con le sue imperfezioni e che anche senza un principe la vita è pur sempre un’avventura e, se anche non è un film, a volte, ci somiglia davvero.