Orfeo, la nuova trilogia fantasy di Luca Tarenzi dopo il successo de "L'ora dei dannati"
Luca Tarenzi torna con una nuova saga fantasy che ha come protagonista Orfeo, uno degli eroi della mitologia greca più interessante e misterioso. Si tratta di un retelling storico molto originale con tutti gli ingredienti giusti per conquistare i lettori appassionati al genere.
Dopo il successo della precedente saga - L'ora dei dannati - che vedeva alcuni dei personaggi più iconici della Commedia dantesca alle prese con un'avventura mozzafiato, siamo curiosi di conoscere i protagonisti della nuova trilogia. Abbiamo incontrato l'autore per saperne di più.
I miti greci e latini sono ricchissimi di figure e di storie affascinanti. Come mai hai scelto di raccontare, tra i tanti, proprio il mito di Orfeo?
Orfeo è sempre stato la mia ossessione, sin da quando l’ho incontrato in un libro di mitologia per bambini. Lo sciamano che può comunicare con la Natura intera grazie alla musica, l’innamorato folle che sfida il dio dell’Oltretomba per riavere indietro la sua amata, il profeta che fonda una religione misterica, il martire che muore di una morte sacra e continua a vivere dopo di essa: ci sono tutti gli elementi che più mi affascinano al mondo. Non scherzo quando dico che erano trent’anni che aspettavo di poter scrivere questa saga.
Inoltre l’ambiente odierno delle rivisitazioni fantasy è molto improntato sul retelling dei miti dal punto di vista femminile, e pur trovandola una corrente assolutamente doverosa e assai interessante, io ho voluto dare voce a un retelling maschile.
Il tuo Orfeo e la tua Euridice: ce li descrivi? Quali sono le loro caratteristiche principali?
Sono due adolescenti, cresciuti in un’epoca bizzarra, lirica e feroce – l’Età del Bronzo – in cui molto più di oggi avere quell’età significava dover vivere come uomini e donne senza esserlo ancora diventati realmente.
La mia Euridice non è molto simpatica, e lo ammette lo stesso Orfeo che pure ne è innamorato: è egocentrica, impulsiva, lunatica, ma anche coraggiosa, ribelle e piena di quell’energia irrefrenabile che faceva perdere la testa anche a me per le ragazze come lei quando ero io ad avere diciassette anni.
Per contro, Orfeo è un nerd in un mondo di jocks. È gracile, intelligente e curiosissimo, ma per cavarsela ha dovuto imparare a manipolare chiunque abbia intorno e, come tutti gli adolescenti, emotivamente vive nel “qui e ora”: quando si trova tra le mani un potere non avrebbe mai potuto neppure sognare, la tentazione di abusarne è troppo forte….
Come si articolerà questa nuova trilogia?
Si tratta in realtà del retelling di due miti tra loro collegati: quello di Orfeo e quello di Giasone e del Vello d’Oro, perché secondo le fonti classiche Orfeo fu uno degli Argonauti (ma la mia storia coinvolge anche una quantità di altri miti). Le due storie si intrecciano nella vita di Orfeo, fino a diventare una sola. Il primo libro racconta di Orfeo ed Euridice da giovani, di come Orfeo scopre i propri poteri, di come diventa discepolo del dio Dioniso e amico di Giasone e si unisce alla missione di quest’ultimo per tentare di salvare la sua amata. Il secondo libro racconterà delle vicende dei personaggi nella Colchide, e il terzo il loro viaggio di ritorno in Grecia e tutto quel che accadrà dopo.
Come Dante, anche Orfeo è destinato a compiere un viaggio fatale negli inferi. Ci dobbiamo aspettare, nei prossimi capitoli della saga, una nuova avventura nell’oltretomba?
La discesa agli inferi, si sa, è una componente irrinunciabile del Viaggio dell’Eroe, perché è un’esperienza che tutti – in forma simbolica – viviamo almeno una volta nel corso della nostra esistenza terrena. Nel caso di Orfeo, poi, si tratta del punto cardine di tutta la sua storia, quello che lo definisce nel modo più assoluto. L’oltretomba che il mio protagonista visiterà sarà molto diverso da quello da cui tentavano di fuggire i miei dannati, ma la posta in gioco per lui non è di un solo grammo meno importante.
Il tuo Orfeo appartiene, oltre che al genere fantasy, anche a quello definito “retelling storico”. Come spieghi l’interesse dei giovani lettori contemporanei nei confronti di questo tipo narrazioni che si rifanno a epoche assai remote?
Una volta ho sentito un mio saggio amico dire che, in un mondo dove non esistono più angoli che non siano fisicamente raggiungibili con un minimo di sforzo, il passato è l’ultima frontiera dell’esotismo: la storia suscita in noi la meraviglia che i luoghi strani e remoti suscitavano nei lettori di cento o duecento anni fa, perché è l’unico paese che non possiamo visitare.
Siccome in un certo senso si può dire lo stesso del fantasy, che crea mondi dove possiamo entrare solo con il pensiero, credo che il retelling storico abbia il potere di sommare fascino a fascino: personaggi che sappiamo realmente esistiti ma irrimediabilmente perduti rivivono nelle pagine per ritrovarsi in situazioni strane e avvincenti, che loro stessi non avrebbero mai potuto immaginare.