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Intervista a Tomás Navarro, lo psicologo che parla d’amore e cura le ferite dell’anima

Intervista a Tomás Navarro, lo psicologo che parla d’amore e cura le ferite dell’anima

Profondo conoscitore della cultura e della filosofia nipponica, Tomás Navarro è uno psicologo e un autore che con i suoi libri, tradotti in più di trenta lingue, ha ispirato i lettori in tutto il mondo.
Lo abbiamo incontrato per parlare con lui d’amore – tema al centro del suo nuovo libro, intitolato Ai ai gasa. La via giapponese all'amore che meriti - di bellezza, di ferite, di cura e di rispetto.

 

Lei ha pubblicato per Giunti tre libri che si rifanno alla cultura e alla filosofia giapponese per dare soluzioni concrete ai malesseri dell’anima di noi occidentali. Come mai questa scelta?


Dobbiamo incorporare nuove risorse nelle nostre vite, essere creativi, espandere i nostri orizzonti e acquisire nuovi strumenti e, per raggiungere questi obiettivi, non c'è niente di meglio che esplorare altre culture. Inoltre, il Giappone mi piace particolarmente per due motivi.

Il primo è perché c'è bellezza praticamente in tutto ciò che arriva da questo paese e avere una vita piena di bellezza è importante.

La seconda ragione è che uno dei valori più importanti per la filosofia giapponese è la capacità di apprendere ed evolversi, di migliorare, di seguire un percorso verso il miglioramento, un viaggio senza fine lungo sentieri di conoscenza ed evoluzione.

 

L’ultimo suo libro, Ai ai gasa, è dedicato alle relazioni di coppia. Ci spiega cosa significa questa espressione e come mai l’ha scelta come simbolo per la costruzione di relazioni felici, sane e durature?

 

In Giappone, quando si parla di amore, si parla di delicatezza, di segnali appena percettibili, di sogni e di un romanticismo basato sul rispetto. L'amore in Giappone è rifugio, impulso e trampolino di lancio, connessione e legame. Tutto questo è perfettamente rappresentato dall’immagine di due persone che condividono un ombrello in una giornata piovosa. Tanto che in Giappone l’amore non viene simboleggiato dal tipico cuore attraversato da una freccia ma da un ombrello che protegge le iniziali o i nomi delle persone innamorate. Quando una persona ti invita a condividere il suo ombrello – “ai ai gasa” è proprio l’ideogramma che ha questo significato - ti sta invitando a condividere la vita, ti sta dando il suo sostegno, le sue migliori intenzioni e il suo amore. Alcune persone lasciano appositamente gli ombrelli a casa nei giorni di pioggia perché puoi trovare l'amore in qualsiasi momento ma, per trovarlo, lo devi cercare.

 

Nel libro lei fa una distinzione tra una relazione confortevole e una felice. Ce ne può parlare?

 

Una relazione confortevole non è male, ma una bella relazione è la cosa migliore del mondo. Spesso ci limitiamo a convivere con il nostro partner ma l'amore è molto più che convivenza. L'amore è il desiderio di stare insieme, è il brivido al semplice pensiero della persona amata, è sentire un legame speciale, intimo e inseparabile con chi si ama. Non bisogna rinunciare all'amore, perché è il sale della vita, il miglior afrodisiaco che esista, un esaltatore di tutta l'esperienza umana.

 

Ci può indicare 3 regole d’oro per una relazione felice?

 

La comunicazione, senza dubbio: una relazione sana è una relazione in cui puoi parlare di tutto. Il rispetto è un'altra delle chiavi: un rispetto profondo che ti porta a dare il massimo e a non infrangere le regole della coppia. E, infine, la reciprocità. Nelle coppie felici nessuno è al di sopra dell’altro, non ci sono lotte di potere, nessuno è al servizio di nessuno. Spesso confondiamo l'amore con un servizio sociale, con una terapia o con un sacrificio, simile a una penitenza o a una sfida. Ovviamente quello non è amore. Non basta amarsi, bisogna amarsi bene e nel libro c’è tutto quello che serve sapere: non a partire da un’idea romantica ma dalla psicologia più rigorosa e scientifica.

 

Leggendo i suoi libri risulta chiaro che cercare la perfezione e la performance non porta a raggiungere una vita serena e soddisfacente. Dobbiamo dunque puntare casomai sulla fragilità e le imperfezioni?

 

Penso che dobbiamo concentrarci sul godere appieno la vita, sull’adattare la nostra vita ai nostri limiti e alle nostre virtù, sul voler essere migliori, ma conservando la consapevolezza che la vita è così com’è, non come vorremmo che fosse. È importante avere sfide, sogni e obiettivi, ma devono essere i tuoi, avere un significato per te e, soprattutto, devono comportare magari fatica ma mai sofferenza.

 

Kintsukuroi ci insegna a curare le ferite dell’anima: è un libro sul trasformare la propria fragilità in forza. Come si può ricomporre ciò che ci pare irrimediabilmente rotto dentro di noi?

 

Il primo e più importante passo è accettare che qualcosa non funzioni, prestare attenzione ai segnali di malessere e dare importanza al dolore emotivo che proviamo. Spesso vogliamo convincerci che non stia succedendo nulla e ignoriamo il dolore finché la situazione non diventa troppo complicata.

Una persona depressa impiega in media sei anni prima di consultare un medico. Aspettiamo troppo a lungo mentre è importante non toccare il fondo. Quindi, proprio come per le ferite fisiche, quando le ferite emotive sono piccole possiamo ripararle da soli, ma quando sono grandi abbiamo bisogno di uno psicologo che ci aiuti.

Sarebbe impensabile credere di praticare su noi stessi un intervento chirurgico a cuore aperto. Ebbene, purtroppo anche per alcuni infortuni emotivi abbiamo bisogno che qualcuno ci aiuti. La conoscenza è importante perché ci consente di trovare modelli e soluzioni. È necessario un atto di umiltà e chiedere aiuto quando ne hai bisogno: non ti rende più vulnerabile ma, al contrario, più forte.

 

Wabi Sabi è dedicato all’arte dell’imperfezione, e uno dei paragrafi del libro invita a praticare l’arte del perdono. Nel mondo contemporaneo sembra un’impresa difficile nei confronti di noi stessi, ma addirittura impossibile se si guarda alla situazione internazionale e alle guerre che stanno insanguinando il pianeta. Il perdono è il primo passo da imparare a compiere?

 

Il perdono è qualcosa di simbolico che aiuta più chi perdona che chi viene perdonato. Quando perdoni lasci a terra un pesante fardello, ti liberi dal passato e dalle catene che ti legano alla sofferenza. Il risentimento è ciò che accade quando non si perdona e credetemi, nei miei trent'anni di esperienza come psicologo non ho visto un'emozione o un atteggiamento più devastante del risentimento.

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